Auguri. Il primo anno di vita di mio figlio.

E così oggi il nano compie un anno. E io mi emoziono, perché se lo chiamo nano è anche perché dire “mio figlio” mi commuove sempre un po’.

Alle 10,21 di mattina è sgusciato al mondo, tra le piaghe dell’inferno del dolore della mamma. No, perché quella stronzata del “i dolori del parto si dimenticano” l’avrete sentita mille volte ma solo dagli uomini, che devono averla letta in un’edizione straordinaria dell’Almanacco del Cretino.

E dai dolori dell’inferno parte una vita di ansie, apprensioni, fatiche, notti insonni, giorni massacranti, rinunce. Negarlo è follia. Minimizzarlo è fanatico. Il punto è un altro. E’ la differenza tra “sentimento” e “amore” (spesso confuso anche nelle coppie): il sentimento è quello che ti fa dire che tu non ti alzi più alle tre del mattino, che si arrangi, l’amore è quello che ti rende invincibile e ti fa sorridere proprio alle tre del mattino.



Perché quel bambino che passeggia sopra le tue esigenze con la delicatezza di un carro armato tedesco è tuo figlio. Punto qui.

E poi, bisogna dirlo, questi nani fanno la loro bella fatica nel primo anno. Anche la frase "Che bella vita che fai tu" rivolta a un neonato è stata presa dalla stessa copia suddetta dell’Almanacco. Escono che non sanno parlare, camminare, mangiare, vedono poco e non conoscono nessuno, addirittura all’inizio non hanno la percezione del “la mamma esce un attimo e poi torna”, quindi sperimentano di continuo l’abbandono. Ora, onestamente, quale adulto resisterebbe in queste condizioni? Nessuno. Questi gnomi sono esseri di una potenza inaudita. Macigni di volontà e di coraggio, graniti di fiducia e speranza. Inarrestabili legionari della vita.

Così vedo io il primo anno di mio figlio. Che se poi vengo espulsa dal club delle mamme perfette, pazienza. Io lo amo così. Immensamente, e l’immenso non può essere misurato dal mammaperfettometro. Buon compleanno, auguri nano.