La Consulta ha infatti accolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di appello di Genova sul cognome del figlio e ha dichiarato l'illegittimità della norma che prevede l'automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo, in presenza di una diversa volontà dei genitori. Da adesso in poi, se d'accordo, i genitori potranno dare il doppio cognome. In caso di mancato accordo tra padre e madre sembra che il bambino terrà il cognome paterno.
La questione infatti non è normata per legge. E' sempre stata consuetudine dare il nome del padre ai bambini. La legge che affronta il problema e finalmente sancisce la possibilità per i figli ad avere entrambi i cognomi, approvata alla Camera nel 2014, sta infatti sepolta da due anni al Senato. Forse questa sentenza della Consulta, che arriva dopo tirate di orecchie dall'Europa, spingerà alla sua approvazione. Nel caso di mancanza di identità di vedute tra i neo genitori, o di battaglia per quale cognome mettere per primo, questa legge ancora sospesa in aula e in attesa di approvazione, prevede l'ordine alfabetico.
Ancora una volta è stata la magistratura, la Corte Costituzionale ad aprire un varco, a dare la linea, a superare la politica su problemi che toccano la vita quotidiana della gente. Dalla fecondazione assistita, a quella eterologa, dal riconoscimento dei figli di coppie gay, sono sempre stati i tribunali e infine la Consulta a delineare il cambiamento riconoscendo le richieste che venivano dalla società.
Sino ad oggi l'unico modo per ottenere il doppio cognome è stato quello di fare richiesta al Prefetto, come si fa, ad esempio, quando il proprio cognome è ridicolo o offensivo. Ma la concessione è sempre stata a discrezione. Oppure, nel caso di coppie non sposate, molte hanno scelto di far riconoscere il piccolo prima alla madre e solo in un secondo tempo al
padre in modo da fare avere al bambino i due cognomi.
La storica sentenza nasce dal ricorso di una coppia italo-brasiliana residente a Genova che aveva chiesto di poter registrare il proprio bambino con il doppio cognome. Per senso di parità ma anche per armonizzare la condizione anagrafica del piccolo, che ha la doppia cittadinanza, tra il Brasile dove è identificato con il nome materno e paterno, e l'Italia dove ha soltanto il cognome del padre. Ma la richiesta della coppia - assistita dall'avvocata Susanna Schivo - era stata respinta per quella "norma implicita" secondo la quale ai figli nati nel matrimonio va attribuito soltanto il cognome paterno.
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