Adozione a distanza e Telethon: quello che posso fare (e non basta)



Adozione a distanza e Telethon: quello che posso fare (e non basta) ultima modifica: 2016-01-20T12:49:53+00:00 da Camilla Montella
Mio figlio è nato sano. L’ho dato per scontato, ma non lo è. Mio figlio è nato in una famiglia che può permettersi di nutrirlo, curarlo ed educarlo. L’ho dato per scontato, ma non lo è.

Non potrò mai fare a pari con il regalo che mi è stato fatto, non potrò mai ripagarne neanche un decimo. Questa è una consapevolezza che mi pesa sullo stomaco, ma che non voglio perdere, sennò si rischia di dare tutto per scontato, di pensare di avere un privilegio inciso nella pietra che invece è solo un tratto sulla sabbia. Così come la certezza che “non posso ripagare” non deve diventare alibi per non fare niente. Se posso dare anche solo un miliardesimo di quello che ho ricevuto, lo voglio fare.

Ecco perché tre anni fa ho adottato una bambina a distanza in Niger con Reach Italia: si chiama Assamaou e quest’anno finirà le elementari. Ho letto tutte le sue pagelle, zoppica un po’ in matematica, ma è bravissima in musica, cosa che da “mamma rock” mi ha fatto tanto piacere e gliel’ho scritto. Non posso costruire ad Assamaou una scuola come quella di mio figlio, non posso portarle l’acqua in casa come ha lui e non posso prendergli i fermenti lattici quando gli viene prescritto l’antibiotico come faccio col mio bambino. Però l’antibiotico sì, posso comprarglielo, e anche un astuccio e un quaderno.

assamaou2

Una letterina da Assamaou


Ed ecco perché mi sono iscritta alla donazione continua di Telethon per i bambini nati con gravi malattie genetiche. Ho visto la pubblicità in tv e ho chiamato. Non sono ricca, ma grazie al cielo non sono neanche più povera con 9 euro al mese in meno nel portafoglio. Io ho visto la pubblicità di Telethon, ma ce ne sono tante altre di fondazioni che aiutano i bambini, una vale l’altra (purché persone serie ovviamente).

Ci sono mamme e papà coi controcazzi a due passi da me che passano la vita a curare e accudire un figlio nato gravemente malato. Passano la vita a soffrire per lui e con lui, tutti i giorni. Gli stessi giorni in cui io mi dimentico che il fatto che mio figlio cammini è un regalo, che mio figlio rida, vada a scuola, abbia degli amici, salga sullo scivolo, impari a scrivere… sono regali che devono togliere il fiato, non essere presi come dovuti. Non ripago tutto questo aiutando una bambina in Niger e tanti bambini malati in Italia, ma faccio quello che posso e ne sono felice.

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2 Commenti to “Adozione a distanza e Telethon: quello che posso fare (e non basta)”

  1. Simona scrive:

    Molto bello come messaggio è giusto ogni tanto riconoscere qualche merito e sopratutto testimoniare che non tutte le suocere sono perfide arpie attaccate al loro pargolo.

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